Ana Vujovic : To Leave Room for the Others. Diario dell’artista in residenza, settimana 2.

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Detail from To Leave Room for the Others ( 2017) by Ana Vujovic

Diario Artegiro Artist Residency 2017 | Ana Vujovic | 
Settimana 2

1. Ho iniziato i miei interventi all’esterno. Il mio atelier è la bellissima casa della signora Manuela, proprietaria di una dimora storica di Conzano. La residenza è circondata da una natura ricca e lussureggiante, con viste mozzafiato.

Ho cominciato con lo sciogliere lo zucchero e versarlo in un contenitore a forma cubica. Dopo averlo raffreddato bene ho portato il solido pezzo di zucchero nero alla costruzione diroccata che avevo notato qualche giorno fa. L’ho rotto in piccoli e grandi pezzi e ho cominciato a “riparare” le parti danneggiate della casa apponendo i pezzi di zucchero nei fori e lesioni della casa.

Questa azione simbolica, che si riferisce al titolo e al tema della mia residenza, “To leave room for the others | Lasciare spazio per gli altri “, riflette l’affermazione riportata sul passaporto di tanti dei conzanesi che dovevano emigrare per l’Australia per guadagnare il pane per le loro famiglie come tagliatori di canna da zucchero.

2. Un’altra installazione specifica che intendo realizzare include un tavolo da pranzo con le posate lasciate così da indicare il passare del tempo. Un semplice, forte e chiaro simbolo della casa, della famiglia, del luogo di incontro.

Sto cercando di realizzare posate in zucchero (un cucchiaio, un cucchiaino, una forchetta e un coltello). E’ importante che le posate provengano da una casa conzanese perché racconta una storia di questa regione. Sto cercando di ricalcare più dettagli possibili ma è difficile rimuovere lo zucchero freddo dal metallo. Sto pensando di lasciarlo nel suo calco originale, sembrerà più autentico.

Sono riuscita a bruciarmi tre dita con lo zucchero caldo e adesso ho delle vesciche proprio come …oh, posso paragonarmi ai tagliatori di canna da zucchero? Gli emigranti conzanesi si ferivano seriamente durante il loro lavoro in Australia, a volte con conseguenze fatali.

3. Oggi ho aggiunto alla tavola imbandita dei piatti e il calice rotto che sono riuscita a trovare. Continuerò a tentativi e vedrò dove questo esercizio mi porterà.

Dopo aver versato lo zucchero sciolto ho capito che devo lasciare gli oggetti a raffreddare bene un paio d’ore prima di portarli con me a Villa Vidua. Il tempo è molto caldo e questo ha un impatto sulla densità del materiale. Questo è un fatto nuovo che influenzerà la mia opera ma che devo sfruttare in qualche modo.

4. Sto concludendo i dettagli finali per l’installazione che realizzerò. Ho trovato una stanza perfetta per questo, una spazio che sembra creato apposta per la storia che voglio raccontare in questa installazione, al secondo piano di Villa Vidua.

5. Sfortunatamente però questa stanza è già impegnata per via di una festa che si terrà a Conzano il prossimo fine settimana. La stanza evoca l’atmosfera di una casa calda ma modesta. E’ una stanza rettangolare con lo spazio giusto sufficiente per un tavolo da pranzo, quattro sedie e uno stipo in legno con tanti intarsi in legno. La stanza ha anche dei gradini interessanti che portano in un’altra stanza e una finestra. Comunque ho trovato un’alternativa di cui sono felice e dove simulerò la stanza che avevo trovato. Oggi ho realizzato uno strofinaccio di zucchero. Si direbbe che ho tutti gli elementi per la mia installazione.

6. E’ arrivato il momento per la documentazione fotografica. Lo zucchero come materiale è il veicolo principale del mio concetto per l’installazione. Tutte le componenti sono disposte per dare l’idea che qualcuno ha appena lasciato l’ambiente e che molto tempo sia passato da quel momento.

Lo zucchero, comunemente associato alla dolcezza e la felicità assorbe qui una porzione di amarezza e tristezza seppur lasciando spazio per speranze di un futuro migliore.

In questa documentazione fotografica cerco di cogliere quanti più dettagli è possibile, zucchero sciolto che sgocciola dalle posate e dalla tovaglia per produrre un’atmosfera satura.

 

 

Qualcosa, là fuori di Bruno Arpaia e COCOAA 2017.

Articolo di Renata Summo-O’Connell | © cocoaaprojectorg

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Resistere per sopravvivere e vivere: la narrazione dell’esodo di un gruppo di migranti ambientali dall’ Europa del Sud verso la Scandinavia narrato da Bruno Arpaia in Qualcosa, là fuori, il suo ultimo libro pubblicato da Guanda nel 2016, sembra all’apparenza un’occasione insolita per un evento all’interno di una manifestazione di arte contemporanea quale COCOAA vuol essere.

Ci sono però dei momenti nella vita di una collettività dove le caratteristiche delineanti di un’espressione artistica,  già permeabili di per sé, come accade nella scrittura, valicano velocemente qualsiasi linea per debordare, per aggregarsi in dialogo, per sfumarsi e mutare al di là della pagina.

In questo momento storico così significativo, COCOAA, in quanto progetto di riflessione collettiva, di celebrazione dell’arte nella società, di esplorazione di forme di espressione e di contenuti specifici,  ha scelto di parlare di resistenza.

In particolare come curatore dicevo recentemente che:

in un periodo dove il conflitto è visto come una caratteristica eminente dei nostri tempi, si constata da un lato la tendenza tra individui, gruppi e società, a evadere dalla realtà, quasi a sparire, dall’altro a sentirsi soffocati e frenati dal presente.

La scelta di Arpaia di scrivere di un mondo sconvolto da un’estesa desertificazione e danni naturali catastrofici, riporta al tema della scelta, del coraggio, della resistenza, appunto. Per resistere però ci vuole speranza.

Con COCOAA 2017 si è proposto di:

 considerare la resistenza come un possibile modo di esistenza nella vita contemporanea, resistenza intesa come rimanere forti, come abbracciare “l’essere qui”, resistenza a un sistema di controllo dell’’informazione e del potere, ma anche resistenza alla morte e a quello che rappresenta la morte.

In Qualcosa, là fuori Bruno Arpaia va al di là dello scrivere, della dinamica narratore / lettore, spinge al di là della pagina: sfida, provoca, dà possibilità, dà opportunità di scelta in un modo che ricorda la libertà che l’artista visivo contemporaneo lascia a chi fruisce del suo discorso.

Non ricordo narrativa che mi abbia sfidato così come Qualcosa, là fuori è riuscito a fare. Sfida perchè Qualcosa, là fuori davvero lascia liberi di scegliere. E’ in questo senso che io ho avvertito in Qualcosa, là fuori le qualità di un’opera d’arte visiva: il debordare plastico dalle pagine non di parole ma di proposte, di ideee, di soluzioni, di opzioni.

Un libro che costantemente ci inchioda nella realtà che fluida attraversa il tempo, il tempo da cui scorre un rivolo di freddo, di caldo, di arido, di febbricitante, di idee, di rielaborazioni, di contaminazioni: perchè Qualcosa, là fuori, proprio come una vera grande opera d’arte visiva, contamina volutamente, saccheggia e ricrea, introduce e ritira, sfida e conforta, accompagna e lascia.

Qualcosa, là fuori, in un senso propositivo e di denuncia, è il Guernica di Arpaia dove la narrativa spaventa tanto quanto denunci, sfidi e ispiri. E’ suo il dito medio come in Ai Wei Wei in Study of Perspective: come sinonimo di disobbedienza è la resistenza dell’umanità in fuga in Qualcosa, là fuori.

Arpaia ha avuto molto coraggio e infonde coraggio, non nasconde l’orrore ma esplorando umanità rende umane le catastrofi e le derive, le sconfitte e le perdite. Se si parla dell’abbracciare l’essere qui, della resistenza come un modo di essere nella contemporaneità, Qualcosa, là fuori  rende possibile questo perchè racconta esattamente questo.

Sono d’accordo con Carlo Rovelli che dalle pagine del Corriere della Sera ringrazia Arpaia per questo libro (  http://www.corriere.it/cultura/16_aprile_28/libro-guanda-bruno-arpaia-qualcosa-la-fuori-rovelli-001062d6-0d58-11e6-9053-86a90bf524d0.shtml). Ma anche questo conferma la natura ibrida del discorso artistico che sguinzaglia nelmondo questa opera come una scultura, un’installazione, un film, creando nell’interlocutore un bisogno di risposta.

Nel caso di Rovelli Qualcosa, là fuori ha meritato un grazie.

Davanti all’ acquisizione di un’opera che non ci lascia, che si incastra negli occhi e nella mente, che profuma, urla, sorride, piange, che ci spinge sul bordo del precipizio ma che ci ridona il tempo e la possibilità di scelta,  Qualcosa, là fuori, è un libro che non è un libro, è qualcosa che non è quello che sembra, proprio come succede alle opere d’arte.